sabato 16 febbraio 2013

FADO, MEU FADO!





Se quando senti parlare di fado immagini vecchie sdentate e pelose avvolte nello scialle nero o vecchi avvinazzati che sputacchiano pezzi di tabacco, stai sbagliando di grosso. Il fado, a Lisbona e in tutto il Portogallo, vive un’eterna giovinezza che ha per lo più le belle sembianze dei ventenni che ne perpetuano la tradizione.

Il fado, se ti sei appena sintonizzato su Lisbon storie e ti sei perso qualche fondamento di cultura lusitana, è la musica popolare portoghese che canta la malinconia, la tristezza, il destino (fado vuol dire fato, destino). Ma canta anche l’allegria, l’amore, Lisbona o altre città, quindi non è necessariamente quella musica lagnosa che pensai di ascoltare quando il mio orecchio non era ancora abituato a tale genere. Infatti a un primo approccio le melodie possono sembrare ripetitive e deprimenti, ma appena si entra nel mood giusto si riesce ad apprezzare il fado per quello che è: un bellissimo genere popolare che ha forgiato l’identità collettiva portoghese.

Sicuramente saprai che l’ambasciatrice per eccellenza del fado nel mondo è stata Amália Rodrigues, scomparsa nel 1999, al contrario invece non saprai che a ravvivare la tradizione sono soprattutto baldi giovani e belle ragazze che fanno gavetta nelle tascas della Mouraria (il quartiere in cui sarebbe nato il fado), di Alfama o del Bairro Alto. Proprio come quei tre che ho visto cantare poco più di un mese fa in un tour delle bettole della Mouraria organizzato da un’associazione culturale del quartiere: lui era un timido venticinquenne con lineamenti aristocratici che cantava con le mani in tasca svirgolando come Lando Fiorini; la bionda, anche lei brava, era più simile a una modella che pubblicizza cosmetici; la mora era un po’ meno avvenente, col suo nasino vagamente suino, ma con una voce e un’interpretazione che stendevano.

I più tenaci e talentuosi poi non si fermano alle tascas ma arrivano ad esibirsi nei più prestigiosi teatri del mondo. Come è successo per esempio a Dulce Pontes o, in maniera ancora più vistosa, a Mariza, tallonata dalle varie Mafalda Arnauth (foto), Ana Moura, Carminho e via gorgheggiando. Più o meno tutte mediamente belle, di una bellezza misurata e senza sbavature.

Ti dirò di più: gli alfieri della rinascita del fado non sono solo i venti-trenta-quarantenni, ma anche gli imberbi. Nella trasmissione “Uma canção para ti”, versione portoghese del nostro programma per criptopedofili “Ti lascio una canzone”, i bambini, a differenza dei loro colleghi ottenni e novenni italiani costretti a cantare torbide e malsane canzoni di amori fuori dalla propria portata, interpretano (anche) i grandi classici del fado portoghese, instillando l’amore per (o quanto meno l’abitudine a) questo genere di musica anche in chi ha appena smesso di poppare.

La rinascita è stata poi istituzionalizzata a livello mondiale poco più di un anno fa, quando l’Unesco ha decretato il fado patrimonio immateriale mondiale dell’umanità, con grandi festeggiamenti in tutto il Portogallo. Inutile dire che ormai il fado è materia di studio nelle università, protagonista di festival ed eventi culturali e pseudoculturali, di bieche operazioni turistico-commerciali, di strategie di marketing anche in ambiti poco pertinenti, nonché di bislacchi post di blog su Lisbona.

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